07 Feb La battaglia di Montecassino
Poco dopo la mezzanotte del 10 luglio 1943, durante la Seconda guerra mondiale, un corpo di spedizione formato da truppe americane, inglesi e canadesi invase la Sicilia. Nel Maggio del 1944 gli Alleati danno inizio al loro quarto massiccio attacco alla linea Gustav, che taglia la penisola italiana dalle foci del Garigliano ad ovest a quelle del Sangro ad est. Montecassino andava presa ad ogni costo perché bloccava agli Alleati la strada per Roma.
Erano ormai quattro mesi che gli Alleati, tentavano di sfondare la linea del fronte denominata Gustav, ci provano e falliscono gli inglesi, i gurkha e i neozelandesi
In tre battaglie non era servito finora a nulla radere al suolo l’antica abbazia benedettina e cancellare con più di 1900 tonnellate di bombe l’abitato di Cassino ai piedi di questa. Tutti i tentativi furono respinti dai paracadutisti tedeschi denominati per il loro coraggio “diavoli verdi”, il fallimento dell’ultima battaglia di Cassino svoltasi a Marzo fece entrare in crisi gli Alleati.
Ci riusciranno, al quarto tentativo, i polacchi.
L’offensiva scatta l’11 maggio 1944; i polacchi ,comandati dal generale Wladyslaw Anders, 51 anni, vanno all’assalto del monte tre volte e tre volte sono respinti.
Al mattino del 12 hanno già perso il 20 per cento degli effettivi, i tedeschi difendono da posizione favorevole la loro fortezza diroccata. Spazzano il terreno con le mitragliatrici e i mortai, vivono sottoterra ed emergono a gruppi per respingere gli attaccanti o morire. I loro cecchini colpiscono i polacchi come uccelli appollaiati sui rami.
Tedeschi e polacchi uccidono per non essere uccisi. Sono soldati che vivono come animali, sono sporchi, mangiano se e quando capita, dormono in piccoli anfratti, dietro i macigni, nelle grotte. Sono veterani del mondo crudele della morte.
Il 17 gli uomini di Anders ripartono all’attacco della montagna. Si fanno scudo con i cadaveri dei compagni, sparano contro qualsiasi forma che assomigli anche vagamente all’elmetto di un parà. La battaglia infuria tutta la notte tra il rumore sordo dei proiettili e quello metallico dei corpo a corpo sui pendii. Le unità dei parà tedeschi sono ridotte a scampoli.
Quota 593 cade all’alba del 18. Il primo a mettere piede sulle macerie è un plotone di ulani del Primo Lancieri Podolski. Trovano un gruppo di tedeschi morenti abbandonati dai compagni. Il terreno è tappezzato di papaveri e di cadaveri.
Sulle rovine di Montecassino scende il silenzio. Nel cielo di mezzogiorno i lancieri issano al vento la bandiera rossa e bianca. I soldati piangono come bambini.
Dopo sei mesi la battaglia di Cassino è finita e la strada per Roma è aperta agli americani del generale Clark.
A quota 593 sorge il cimitero in onore dei caduti polacchi, ospita 1.052 salme del 2° Corpo d’Armata polacco, comprese quelle del Gen. Anders e del cappellano arcivescovo Gawlina, morti nel 1970 e lì trasferiti per loro volontà.
Sull’obelisco eretto nel sacrario si legge: «Noi soldati polacchi abbiamo dato le nostre anime a Dio, i nostri corpi all’Italia e i nostri cuori alla Polonia».
Sembra retorica ma non lo è. È la sintesi perfetta del sacrificio di Montecassino … e della pazzia dell’uomo.
Visualizza le mie foto al Cimitero Polacco di Montecassino
Via: Il Sole 24 Ore – Dal Volturno a Cassino – Storia in Network
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