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24 marzo 1984 – La CGIL contro il “Decreto di S. Valentino”

24 marzo 1984 – La CGIL contro il “Decreto di S. Valentino”

Premessa

Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di recuperare una serie di negativi, mai stampati, che credevo ormai persi.

Tra essi ho trovato i negativi degli scatti realizzati nel lontano 24 marzo 1984 nel corso della manifestazione convocata dalla CGIL contro il taglio della Scala Mobile a cui partecipai con i compagni di lavoro. Allora ero un giovanissimo lavoratore ma sempre appassionato di fotografia e provai a documentare la protesta dal mio punto di vista.

I negativi erano molto rovinati, non era possibile ricavarne delle buone stampe, li ho quindi digitalizzati, elaborati e ho deciso di condividere le immagini realizzando un racconto fotografico di quella giornata.

Il progetto non deve essere inteso come una semplice operazione nostalgica di un tempo passato ma un invito a valutarlo sia come documento storico per un recupero della memoria, sia come un momento di riflessione sull’attuale precarizzazione del mondo del lavoro.

Per questo motivo ho deciso di presentare il progetto attraverso due blocchi di testo differenti: una prima parte per inquadrare il momento storico in cui si svolge la manifestazione, e una secondo in cui descrivo la mia esperienza di comunista, le emozioni provate in quella festosa giornata di protesta e che ho nitidamente rivissuto nell’elaborazione del progetto.

La manifestazione

Roma, 24 marzo 1984: per la prima volta nel dopoguerra, la città ospita una manifestazione sindacale appoggiata dalla sola maggioranza (comunisti e terza componente) della CGIL e determinata dal cosiddetto “Movimento degli autoconvocati”.

Alla manifestazione si era arrivati a seguito del tentativo, più volte reiterato, dal Governo Craxi di scardinare la “Scala Mobile”, uno strumento normativo atto alla salvaguardia automatica del potere d’acquisto dei salari.

Il 14 Febbraio 1984, Ministro del Lavoro del governo Craxi, presentò, per la sesta volta, un decreto che tagliava di colpo quattro punti della Scala Mobile. In cambio del decreto, Palazzo Chigi proponeva un freno alle tariffe pubbliche e l’indicizzazione degli assegni familiari: CISL e UIL accettarono, la CGIL si divise.

In parlamento si schierarono contro il decreto il PCI, PdUP e DP.

Si apriva così un ciclo all’interno del quale ancora oggi ci troviamo. Un periodo assolutamente avverso per le condizioni materiali di vita dei ceti più deboli, favorendo così un pauroso arretramento politico-culturale delle classi meno abbienti.

La Scala Mobile, recentemente riscoperta addirittura dal presidente Obama, rappresentava un elemento non solo di difesa del salario ma l’affermazione della necessità della difesa del potere contrattuale del mondo del lavoro.

I numeri

5000 pullman, 36 treni speciali, 4 navi-traghetto, 4 cortei che attraverseranno il centro di Roma, collegamenti con 68 radio private, Rai3 che trasmette in diretta il comizio di Luciano Lama, 110 fra autori, operatori, fonici, montatori e tecnici del cinema italiano uniti per realizzare un docu-film di quella che fu definita, successivamente, la più grande manifestazione di lotta del dopoguerra.

La cronaca

Partiamo da Salerno prima dell’alba: A bordo del pullman si respira un’atmosfera che è sì di protesta, di rabbia per un sopruso subito ma anche di festa. Sull’A1 attraversiamo banchi di nebbia ma, a mano a mano che il tempo passa, si capisce che sarà una magnifica giornata.

Piazza Cinecittà è il punto di concentramento dei manifestanti provenienti dalla Campania ma anche da Friuli, Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Veneto.

Arriviamo intorno alle 10.00. É una splendida giornata di primavera, il sole si sta alzando e l’aria comincia a riscaldarsi.

A quell’epoca non esistevano gli smartphone né si poteva comunicare tramite i social ma tra i manifestanti circola la voce che più di 700 pullman sono rimasti bloccati sul Raccordo Anulare. Di sicuro Piazza Cinecittà è stracolma e non riesce più a contenere i manifestanti. Il corteo, la cui partenza era prevista per le 14.00, comincia ad avanzare verso Via Tuscolana alle 12.30.

Mentre ci si organizza per partire viene distribuita l’edizione straordinaria dell’Unità con una fotografia che riprende una massa di manifestanti su un traghetto e il titolone rosso in prima pagina: «Eccoci!». Dalle radio private in collegamento con la manifestazione apprendiamo che negli altri punti di concentramento si sta vivendo la stessa situazione: Piazza della Repubblica, Stazione Tiburtina e Piazzale dei Partigiani sono stracolme e i diversi cortei cominciano a incamminarsi con destinazione Piazza S. Giovanni.

Da subito è stato chiaro per tutti: le paure, le preoccupazioni diffuse da alcuni giornali e dalla Rai non avevano motivo di esistere.

C’è un clima festoso, quasi da giornata del 1° maggio, che consente alla manifestazione di essere una dimostrazione forte, disciplinata e compatta. A Roma non sono arrivati solo gli operai, ma anche intere famiglie, gruppi di giovani, donne, pensionati e cassintegrati dalle fabbriche, dagli uffici, dalle campagne del nord del sud e dalle isole. I diversi cortei sono aperti dai Vigili del fuoco. Questa manifestazione, che molti avevano definito un momento eversivo, una sommossa, si è trasformata in un grande avvenimento popolare oltre che una decisa protesta.

Un gruppo di fotografi è appostato sulla bagagliera sul tetto di un furgone, chiedo se c’è spazio, mi aiutano a salire. Innesto il teleobiettivo sulla fotocamera e comincio a inquadrare, osservo le lavoratrici e i lavoratori, osservo gli striscioni, ascolto gli slogan, un nodo di emozione mi prende la gola. Mi convinco che la manifestazione esprime un coacervo di posizioni, sentimenti e malessere che possono essere sintetizzate in unico concetto: la convinzione di tutti noi di subire un sopruso. La protesta esprime l’attaccamento dei lavoratori a un sistema, quello della Scala Mobile, che ha la finalità di proteggere il potere d’acquisto dei salari.

Dal tetto del furgone ho il privilegio di una visione d’insieme del corteo e dal mirino della reflex ho la riprova di ciò che stavo immaginando: chi pensava a un corteo di “quattro gatti” tutto operaio si è trovato di fronte a chilometri di sfilata fatto da impiegati, braccianti, lavoratori della pubblica amministrazione, professori, ricercatori. Fotografo a ripetizione, terminano alcuni caricatori di pellicola, la fiumara umana scorre sotto i miei occhi. Negli slogan dei manifestanti e nei cartelli il vero e autentico protagonista è il Presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi che viene evocato con caricature, con il fez da gerarca fascista o come una fantomatica pianta “craxivora”, che divora salari e buste paga.

Non mancano cartelli che criticano le posizioni, più concilianti, di Luciano Lama rispetto a quelle del PCI.

Sono quasi le 16.30 le code dei cortei partite cinque ore prima stanno ancora tentando di entrare in Piazza San Giovanni. Il mio gruppo non riesce ad entrare in piazza ma il palco dove sta per prendere la parola Luciano Lama si riesce ad intravedere. L’impianto di diffusione sonora ci permette comunque di seguire i comizi.

Il segretario della CGIL comincia il suo discorso, i giornalisti seguono con attenzione i passaggi più significativi durante i quali si potrebbero aspettare delle contestazioni. Nessun mormorio dalla piazza interrompe Lama, nemmeno quando afferma l’urgenza di una profonda riforma della Scala Mobile. Quando poi il segretario generale della CGIL conclude la manifestazione auspicando l’UNITÀ dei lavoratori, la piazza esplode in un boato e la manifestazione finisce nel modo in cui tutti i partecipanti speravano.

Non fu un prova di forza, ma come tanti hanno poi sottolineato, una protesta civile contro un’ingiustizia.

Fonti: 1, 2, 3, 4, 5

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