Il ritratto di Ammouliani: memoria, comunità e sguardi che uniscono

Dalla processione all’idea dei ritratti

A settembre del 2023, grazie all’amico Claudio Carbone, storico presidente dell’Associazione Fotografica Colori Mediterranei di Salerno, ho avuto l’opportunità di fotografare la processione dedicata alla festa dei pescatori sull’isola di Ammouliani, in Grecia.
Sin dai primi momenti, mi ha colpito il senso profondo di umanità che aleggiava tra le strade silenziose, nei volti, nei gesti. Era come se la bellezza di questo piccolo lembo di terra dell’Egeo si esprimesse più nelle persone che nei panorami. Una bellezza quieta, discreta, ma autentica. Mediterranea.

Durante i preparativi della festa, ho percepito con chiarezza la forza di una comunità coesa, orgogliosa della propria identità. Ognuno contribuiva, in silenzio e con dedizione, affinché la festa fosse un momento pienamente condiviso da tutti.

La mattina seguente, mentre facevo colazione con Claudio, un’idea ha preso forma nella mia mente: realizzare una serie di ritratti agli anziani dell’isola.

Pur non essendo un genere che pratico abitualmente, in quel contesto il ritratto avrebbe assunto un significato del tutto nuovo: fermare nel tempo una storia viva, una memoria collettiva in cammino. Per la prima volta, le emozioni che solitamente cerco negli oggetti legati alla storia si sarebbero rivelate direttamente negli sguardi, nelle rughe scavate dal sole, nei sorrisi di chi vive la propria esistenza circondato dal mare. Ogni fotogramma avrebbe racchiuso e raccontato un passato, un’identità, un’appartenenza.

Proposi l’idea a Claudio, che la accolse con entusiasmo e la condivise subito con Nikitas Martigakis, presidente della Pro Loco dell’isola. Anche lui ne fu subito conquistato. Così decidemmo di organizzare le riprese nel settembre dell’anno seguente, durante la successiva edizione della festa, in parallelo alla mostra fotografica dedicata alla processione.

Set essenziale, sguardi essenziali

Quando, nel settembre 2024, tornai sull’isola per allestire la mostra, portai con me soltanto l’essenziale: la fotocamera, un telo nero da usare come sfondo e il desiderio di ascoltare, attraverso lo sguardo, il racconto di tante esperienze di vita.

Domenica 15, all’esterno del museo storico dell’isola, sistemai il telo e attesi. I primi abitanti si presentarono con timidezza, ma lentamente l’atmosfera si sciolse. Nonostante il muro dovuto alla lingua, cominciarono a nascere dei ponti silenziosi: i volti parlavano chiaro, si offrivano alla fotocamera con fiducia e dignità.

In tanti mi ringraziavano con un “Sas efcharistó”, altri con un sorriso accompagnato da una pacca sulla spalla, altri con un semplice “Thank you”.

Il bianco e nero come linguaggio

Per cogliere al meglio l’anima dei soggetti, ho scelto la semplicità: uno sfondo nero, luce naturale, tre scatti al massimo per ciascun ritratto.

Inoltre ho deciso di realizzare tutti gli scatti in bianco e nero per due ragioni che sento profondamente. La prima è personale: è la dimensione in cui mi riconosco, la mia cifra stilistica, quella in cui sento di poter esprimere al meglio la mia visione. La seconda è legata al linguaggio stesso dell’immagine: il colore, pur nella sua bellezza, racconta troppo, troppo in fretta. È descrittivo, esplicito, restituisce la realtà così com’è. Il bianco e nero, invece, nasconde per rivelare. Non dice tutto, ma suggerisce. Lascia spazio all’immaginazione, al silenzio, all’ambiguità. È nel bianco e nero che l’immagine si fa più interiore, evocativa, capace di attivare lo sguardo e la sensibilità di chi osserva. In assenza del colore, l’occhio è invitato a indugiare, a leggere tra le pieghe della luce e dell’ombra, ad ascoltare con più attenzione ciò che l’immagine sussurra.

Volevo che ogni volto emergesse senza distrazioni, che ciascuno potesse mostrarsi per quello che è. Penso fermamente che chi si è lasciato fotografare abbia voluto affermare, con lo sguardo e con la propria presenza, che esiste, che è esistito.

“We are brothers”: l’incontro che dà senso

A metà mattinata, un’automobile arrivò nella piazzetta. Ne scese un uomo anziano, elegantissimo, in un completo beige con cappello di lino e bastone. Scoprii poi che era il più anziano dell’isola. Dopo essersi fatto fotografare, mi chiese da dove venissi. “Italia, Napoli” risposi. Mi guardò, sorrise, e posando la sua mano sulla mia spalla disse: We are brothers.

Quelle parole, semplici e potenti, ancora oggi mi fanno salire un nodo alla gola. Sono diventate il senso stesso di questo lavoro. In quel momento ho compreso che non stavo semplicemente realizzando dei ritratti, ma partecipando a un rito di fratellanza. Condividevamo una terra madre: il Mediterraneo.

Riprendendo le parole di Saramago: la natura umana ha un’anima tanto più grande quando è condivisa; la vita comunitaria si accende nella partecipazione; e scegliere di metterci la faccia è il gesto più vero per dire che esistiamo.

La mostra e il volume: Il ritratto di Ammouliani

È stata un’esperienza umana e professionale profonda. Ammouliani è un fazzoletto di terra bagnato dal Mar Egeo, poco distante dal Monte Athos, e la sua gente vive immersa in una religiosità naturale, in una quotidianità essenziale e solidale. Da questo progetto è nata una mostra fotografica e un volume fotografico (il catalogo della mostra) con i quali ho voluto rendere omaggio al legame che oggi sento vivo con quest’isola e i suoi abitanti.

Siamo Mediterranei. Siamo brothers.

Un allestimento che unisce gli sguardi

Il 12 settembre scorso è stata inaugurata sull’isola di Ammouliani la mostra fotografica accompagnata dalla presentazione del volume che raccoglie tutti gli scatti esposti.

Circa ottanta fotografie disposte l’una accanto all’altra, in sequenza continua, come a comporre un’unica lunga stampa con una scelta compositiva particolare: tutti i ritratti sono stati collocati in modo che gli occhi dei soggetti si trovassero sulla stessa linea orizzontale, a disegnare un filo invisibile che li lega l’uno all’altro.

Questa scelta si è trasformata in un simbolo potente: gli sguardi, messi sullo stesso livello, raccontano l’unità di una comunità che, cento anni fa, ha ricominciato a vivere insieme sull’isola. Un significato che assume ancora più forza se si pensa che proprio quest’anno ricorre il centenario della nascita della comunità di Ammoulianì.

Un secolo di comunità

La stessa umanità che, troppo spesso, dimentica la propria forza. Quella forza che la rende invincibile. Alla fine del progetto mi sono reso conto che con un semplice clic, insieme ai miei soggetti ho compiuto un viaggio tra tempo e memoria. Ho realizzato il ritratto di una comunità, Il ritratto di Ammouliani.

Radici storiche di Ammouliani

La storia di Ammouliani è segnata da eventi intensi. Fino ai primi decenni del ’900 era una dipendenza agricola del Monastero di Vatopedi sul Monte Athos, abitata da pochi monaci. Dopo la catastrofe dell’Asia Minore e lo scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia, nel 1922 centinaia di famiglie greche furono costrette a lasciare le proprie case nelle isole della Propontide, nel Mar di Marmara. Tre anni più tardi, nel 1925, Ammouliani fu assegnata a quei profughi, che qui trovarono un approdo sicuro e la possibilità di ricostruire la propria vita. La pesca divenne il cuore dell’economia locale, mentre i nuovi abitanti portarono con sé tradizioni, canti, sapori e una profonda coesione comunitaria.

Oggi, a distanza di un secolo, questa comunità continua a custodire la memoria delle proprie origini e a celebrarla con fierezza, anche attraverso le immagini della mostra.

Dopo il taglio del nastro, quasi tutti i protagonisti dei ritratti sono accorsi alla sala espositiva. Molti mi hanno salutato con un abbraccio, come si fa tra vecchi amici; altri hanno voluto posare accanto alla propria immagine. È stato un momento di intensa condivisione, «un tripudio di emozioni non solo per me, ma anche per l’intera comunità».

Approfondire: quando, come e perché nasce un progetto fotografico

Se questo lavoro ti ha incuriosito e vuoi capire meglio come si struttura un progetto fotografico — dall’idea alla realizzazione — ti suggerisco una lettura utile: Un progetto fotografico: quando, come, perché. È un approfondimento coerente con lo spirito di Il ritratto di Ammouliani e offre spunti pratici per chi desidera intraprendere un percorso simile.

Conclusione: un rito di fratellanza mediterranea

In questo lavoro ho cercato di fissare nel presente la bellezza dell’umanità, attraverso sguardi che raccontano una memoria condivisa. Ammouliani mi ha insegnato che la fotografia può diventare un ponte tra le persone, un linguaggio capace di unire. Siamo Mediterranei. Siamo brothers.

Categoria
Ritratti