28 Mar Il Centro Direzionale di Napoli, un quartiere senz’anima
Arrivando a Napoli, dopo la sagoma del Vesuvio, una delle prime cose che attrae l’attenzione del viaggiatore è un gruppo di grattacieli che contrasta con l’edilizia urbana dominante della città. Quelle costruzioni così moderne costituiscono il Centro Direzionale di Napoli. Realizzato a nord-est della città partenopea, nel quartiere Poggioreale, su un’area di 110 ettari, in una zona strategica e facilmente raggiungibile con qualsiasi mezzo di trasporto.
Sommario
Breve Storia del Centro direzionale di Napoli
Concepito nel 1995 dall’architetto giapponese Kenzō Tange, apparve subito agli addetti ai lavori come una rielaborazione del precedente progetto dell’architetto napoletano Giulio De Luca che, con un gruppo di professionisti napoletani, immaginava il Centro Direzionale collocato nell’area dell‘aeroporto di Capodichino. L’idea degli Architetti napoletani fu abbandonata probabilmente sotto le spinte speculative di gruppi immobiliari e finanziari proprietari dei terreni su cui successivamente fu edificato il Centro Direzionale.
Il concetto di fondo del progetto era quello di concentrare in un’unica area gli uffici e le attività del terziario, liberando così il centro città dal caratteristico caos partenopeo.
Gli edifici del centro direzionale
Gli immobili del Centro Direzionale sono distinti in due categorie: piastre (la cui altezza è inferiore ai 25 metri) e torri (alte tra 50 e 100 metri). Qui non esiste la classica toponomastica urbana che normalmente individua strade e edifici dei quartieri di una città. Gli edifici, infatti, sono raggruppati in isole contrassegnate da una sigla alfanumerica, che va da “A” a “G”. Inoltre il Centro Direzionale è privo di scuole pubbliche di istruzione primaria e secondaria, di impianti sportivi per il tempo libero, di campi da gioco.
Gli effetti di queste scelte rivelano, dunque, la negazione della dimensione umana e la perdita dei riferimenti urbanistici a cui siamo abituati: questo luogo rappresenta il non-luogo della città moderna.
Il non-luogo è la categoria che meglio esprime la condizione di una città che privandosi del passato si chiude anche al futuro, diventando una città fantasma, abitata da ombre.
Rocco Pititto – La città senza memoria e la solitudine del cittadino globale – Il Centro Direzionale di Napoli tra utopia e realtà.
Il quartiere del Centro direzionale di napoli
Il quartiere appare come sospeso nel vuoto, un quartiere mancato: “un avamposto edilizio privo di ogni continuità con i quartieri circostanti“. Attraversando il Centro Direzionale in orari diversi da quelli d’ufficio, infatti, si avverte la sensazione di essere in un ambiente inquieto, metafisico, tra l’innovativo e l’utopistico, forse anche affascinante. Il tutto però è senza legami con il contesto urbano circostante, nonostante il Centro Direzionale disti poche decine di metri dai quartieri storici della città partenopea.
Nella visione dei progettisti c’era l’idea di un sito rivoluzionario dove declinare un nuovo concetto di città. E forse, per i primi anni così è stato, poi, piano piano, la “city” ha iniziato un lento e inesorabile declino. Di giorno cuore pulsante con uffici, negozi, banche e ristoranti, di sera e nei festivi luogo silenzioso e desolato:
Una volta chiusi gli uffici e di conseguenza bar e ristoranti il Centro Direzionale diventa quasi spettrale.
Rispetto a qualche anno fa, molti uffici sono stati chiusi e sulle vetrine di tanti negozi sono comparsi numerosi cartelli fittasi e vendesi.
Il Centro Direzionale di Napoli così come è stato realizzato lo si potrebbe immaginare in qualsiasi parte del pianeta, con le medesime scelte architettoniche, le stesse soluzioni progettuali, gli stessi materiali. Al Centro Direzionale manca un’anima, il legame con la città:
Esso, a dispetto delle intenzioni di Kenzo Tange, è quindi omologabile alla Città Generica delineata da Koolhaas, una città “senza storia”.
Elena Manzo – L’utopia mancata – Il Centro direzionale di Napoli tra utopia e realtà del cittadino globale
Il Cento Direzionale di Napoli è l’emblema di ciò che l’architettura moderna dovrebbe evitare di fare.
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