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I Campi Flegrei

Premessa

Il racconto fotografico che propongo è stato eseguito in piccola parte dei Campi Flegrei.
Il tratto distintivo del reportage è il Bianco e Nero dai forti contrasti. Un Bianco e Nero forte in cui però non è stata sacrificata la gamma tonale complessiva delle fotografie. La volontà di usare “questo” bianco e nero è nata dalla necessità di provare a raffigurare ed esorcizzare le inquietudini, la solitudine, le riflessioni che mi hanno attraversato percorrendo questi luoghi.
Un’altra peculiarità di questa narrazione fotografica è la mancanza dell’elemento umano e l’uso intenzionale del mosso in alcune porzioni del campo visivo inquadrato. Queste due scelte sono state concepite per superare, rimuovere il ricordo reale dei reperti presenti nei parchi archeologici nel tentativo della ri-costruzione onirica della loro memoria, di un ricordo atemporale dunque assoluto degli stessi.

I Campi Flegrei

I Campi Flegrei sono una meravigliosa zona costiera di circa 450 km2 avente origine vulcanica e situata a nord-ovest della città di Napoli dominata da fenomeni geologici che rendono il territorio unico. L’area flegrea si estende dall’isola di Procida a buona parte della città di Napoli ed è formata perlopiù da vulcani prodotti da una singola attività eruttiva di tipo esplosivo.
Il territorio dei campi Flegrei comprende al suo interno i Comuni di Pozzuoli, Agnano, Baia, Bacoli e Cuma.
I primi insediamenti in zona furono creati dai greci nel VII sec. a.C. proprio a Cuma da cui poi si sviluppò Napoli.
E’ un’area in cui i fenomeni geologici la fanno da padrone. I campi Flegrei, infatti, sono ricchi di zone termali e di laghi (Lago Fusaro, Lago d’Averno, Lago Lucrino e Miseno) che si sono formati a seguito del fenomeno del bradisismo per l’abbassamento del territorio costiero. Questi specchi d’acqua e il continuo mutamento della morfologia del territorio donano meraviglia al paesaggio
L’ultima eruzione del 1538 diede origine, in una sola giornata al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m. Da allora, l’attività ai Campi Flegrei è caratterizzata da fenomeni di bradisismo (l’ultima crisi si è manifestata nel 1983), dalle attività fumarolica e da quelle idrotermale localizzata nell’area della Solfatara.
La parola “flegrei” deriva dal greco flègo “brucio”, “ardo” ed è riferita alla presenza delle numerose fumarole e acque termali, conosciute e sfruttate fin dall’antichità.
Le fotografie che propongo in questo reportage sono state riprese presso i Parchi Archeologici di Baia e di Cuma e nel il Castello di Baia dove ha sede il Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Parco Archeologico delle Terme di Baia

Il parco archeologico delle terme di Baia a Bacoli, nonostante la sua bellezza è ancora poco battuto, rispetto ad altri siti archeologici campani come Pompei, Ercolano, Paestum probabilmente per la sua posizione un pò decentrata rispetto alle direttrici turistiche che partono da Napoli.
Appena entrati nel sito si ha la riprova di come, in età romana, una convulsa attività edilizia avesse aggredito l’intero piccolo golfo di Baia.
Il complesso, raccoglie i resti di antiche terme romane che sorgevano sulla collina di Baia, di fronte al mare. Se la sua collocazione è già uno spettacolo, esplorando il sito, ci si rende conto che, per l’epoca, l’area termale era già all’avanguardia. Le terme, infatti, sono composte da alcuni nuclei principali, comunicanti tra loro grazie a gradoni secondo terrazzamenti che seguono la pendenza della collina, degradando man mano verso il mare con una struttura composta da porticati e corridoi.
Gli scavi archeologici, iniziati poco meno di un secolo fa, si estesero nello spazio compreso tre le tre grandi cupole che, da sempre, erano rimaste in vista: I templi di Diana, Venere e Mercurio
In particolare per quanto riguarda la cupola del tempio di “Mercurio” può essere definita come il più antico esempio di copertura emisferica di ampie dimensioni realizzato mediante conglomerato cementizio costituito da calce, pozzolana, frammenti di tufi, travertini e laterizi.
Gli studiosi intravedono in essa quello spirito di sperimentazione che proprio a Baia si sviluppò grazie ad un materiale qui facilmente reperibile, la pozzolana. Ma al di là di questo aspetto, tutte e tre le sale rappresentano i più importanti ambienti di tre diversi stabilimenti termali realizzati, per sfruttare sempre più intensamente le risorse idrominerali del sottosuolo. Numerosi sono i resti di condotti scavati direttamente nel terreno per captare le risalita di vapori bollenti per riscaldare le saune. La ricerca di queste fonti naturali di calore ci spiega in parte la disposizione disordinata degli edifici che permetteva, però, un pieno godimento del paesaggio, aperto verso il Vesuvio, Sorrento e Capri soprattutto negli ambienti posti più in alto.
Il numero dei frequentatori tuttavia dovette pian piano ridursi fino al totale abbandono delle terme e delle sorgenti, che, a causa delle trasformazione nel sottosuolo, avevano probabilmente anche perso la loro antica energia naturale.

Parco Archeologico di Cuma

Il Parco Archeologico di Cuma nasce nel 1927 a seguito delle campagne di scavo, eseguite nei primi decenni del ‘900 sotto la direzione di A. Maiuri, che misero in luce gli edifici principali dell’acropoli. Da quel momento ulteriori ricerche e campagne di scavo, notevolmente ampliato la superficie demaniale del Parco, oggi pari a ca. 50 ettari.Dell’antica Cuma sono attualmente visitabili l’acropoli e la città bassa.
I Greci collocarono l’acropoli della loro città su due terrazze e più in basso su uno sperone meridionale del Monte di Cuma
Le più antiche opere di difesa sono costituite da un muro di età sannitica, costruito in blocchi di tufo, e da una muraglia di età greca
L’acropoli di Cuma fu teatro nel VI secolo d.C. delle guerre tra Goti e Bizantini; quindi fu conquistata e devastata dai Saraceni nel 915 d.C., diventando da allora covo dei pirati. Infine venne definitivamente distrutta nel 1207 dall’armata napoletana di Goffredo di Montefusco.
L’area attualmente visitabile è costituita dall’acropoli, che racchiude l’Antro della Sibilla alle pendici della collina, poi salendo sulla rocca la Torre Bizantina con il Belvedere, la Terrazza Inferiore, tradizionalmente denominata Tempio di Apollo e la Terrazza Superiore sulla sommità del Monte di Cuma, denominata Tempio di Giove.
Il monumento più famoso del Parco Archeologico di Cuma è sicuramente “L’Antro della Sibilla”. Collegato al sistema di fortificazione dell’acropoli è costituito da un’imponente galleria scavata nel tufo lungo la terrazza che si affaccia sull’antica insenatura del porto. Le ricerche archeologiche lo interpretano come galleria militare scavata nel tufo a protezione del costone sud-occidentale dell’acropoli.
Inizialmente di forma trapezoidale, la galleria in età romana, assume la forma attuale con un abbassamento del piano di calpestio.
La definizione di Antro della Sibilla si deve a Maiuri che nel 1932 scavò il monumento pensando ai luoghi descritti da Virgilio. La galleria, infatti, offre la corrispondenza di alcuni elementi con i versi che alludono a un luogo misterioso e oscuro con “cento porte” dalle quali il vento faceva turbinare le foglie su cui la Sibilla scriveva i responsi. E’ dotata infatti di numerose aperture laterali da cui entra la luce, che l’archeologo volle associare alle “cento bocche”. Inoltre, la camera terminale presenta tre piccoli vani che ben si prestano all’interpretazione di stanze oracolari.
Benché non possa corrispondere al celebre Antro, il monumento ha goduto di una fama incontrastata, per la meravigliosa suggestione che crea la forma peculiare della galleria insieme ai giochi di luce delle aperture laterali.
Proseguendo la visita si sale uno scalone che conduce verso la sommità dell’acropoli e si arriva alle fortificazioni e alla cosiddetta Torre Bizantina, uno dei bastioni della porta monumentale dell’acropoli.
Oltrepassata la Torre, la terrazza panoramica del Belvedere offre un momento di piacevole sosta al visitatore e un osservatorio privilegiato delle isole di Ischia e Procida e del paesaggio a sud di Cuma.
Si prosegue quindi sul basolato dell’antica Via Sacra che conduce prima alla Terrazza inferiore, detta del Tempio di Apollo, poi risalendo tutta la collina, giunge alla sommità dell’acropoli, dove in antico svettava l’imponente Tempio Maggiore.

Castello di Baia – Museo Archeologico dei Campi Flegrei

Il Castello di Baia, ospita il Museo Archeologico dei Campi Flegrei che, nella sua configurazione attuale, fu inaugurato nel 2010.
La fortezza baiana fu edificata tra il 1490 e il 1493 dagli Aragonesi e ingrandita tra ‘500 e ‘700 appare come l’insieme di sovrapposizioni architettoniche realizzate nel corso dei secoli; domina l’intero golfo di Pozzuoli e rappresentava, insieme alle fortificazioni del “Borgo Marinaro” di Pozzuoli (Rione Terra) e Nisida, un vero e proprio limite invalicabile per chiunque avesse tentato di sbarcare lungo queste coste.
La terribile eruzione del 29/09/1538, in una sola notte provocò lo sprofondamento della fascia costiera con effetti devastanti per tutti i Campi Flegrei, causando gravi danni anche al Castello di Baia.
Si deve all’opera intelligente e tenace del viceré don Pedro Alvarez de Toledo la ristrutturazione e l’ampliamento del forte, che, secondo i suoi piani, doveva diventare l’ultimo baluardo difensivo contro le invasioni corsare.
… Il Castello di Baia però non fu solo una struttura militare. Nel corso dei secoli, infatti, è stato luogo di importanti incontri politici, luogo di pena e di esecuzione delle più barbare sentenze di condanna e, infine, è stato sede dell’Orfanotrofio Militare che ospitava i figli dei caduti della “Grande Guerra”,
La visita delle sezioni del Museo, dislocate in parti diverse e distanti del Castello stesso, comporta un cammino dinamico e vivace attraverso rampe, scale e terrazze panoramiche sino alla spettacolare Piazza d’Armi, dalla quale il visitatore può godere di un amplissima e splendida veduta dell’intero Golfo di Napoli.
Al visitatore attento appare chiaro come il percorso museale sia stato concepito per riecheggiare il suggestivo assetto del territorio flegreo nel quale confluiscono realtà storico-culturale del Mondo Classico e la bellezza di un paesaggio forgiato dai tanti vulcani sempre in attività.
L’esposizione dei reperti si divide in tre distinti settori: il primo di questi, situato in un locale attiguo il viale d’ingresso è ubicata la Sala dei Gessi di Baia, dove sono esposti circa 60 calchi in gesso d’epoca romana, che hanno riprodotto alcuni fra i più celebrati capolavori del periodo classico ed ellenistico dell’arte greca. Gli altri due, invece, sono ubicati all’interno della Torre di nord-ovest, detta Torre Tenaglia.

 

Fonti:

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Categoria
Architetture, Storie