Napoli, Il Cimitero delle Fontanelle
Dalle colline oggi chiamate “Colli Aminei“ partivano quattro impluvi i quali, incidendo il tufo nel corso del tempo crearono dei veri e propri valloni, attraverso cui si riversava la cosiddetta “Lava dei Vergini”, colate di fango e detriti provenienti dall’erosione della coltre piroclastica che ricopre le colline circostanti.
La lava dei vergini per millenni ha eroso il vallone delle Fontanelle e della Sanità, creando le condizioni ottimali per la realizzazione della attuale strada Via Fontanelle.
Via Fontanelle rappresenta il vecchio impluvio, sulle sponde del quale sono dislocate numerose cave che, fino al secolo scorso, hanno fornito i materiali da costruzione per l’attività edilizia di tutta la città e che oggi sono adibite ad usi più disparati: deposito di olive, vetrerie, lavorazione di cioccolata, marmi, garages, cantine … il cimitero delle Fontanelle
E’ praticamente impossibile riassumere nella brevità di questo testo quell’incredibile mescolanza di storia, archeologia, religione, folklore , credenze e tradizioni popolari che costituisce il cimitero delle Fontanelle.
Una visita alla scoperta della Napoli più profonda non può prescindere dallo scendere all’interno di questa enorme cava adibita ad ossario ed al culto delle le anime del Purgatorio più noto della città.
L’origine di questo ossario, però, si fa risalire al XVI secolo quando la città fu flagellata da tre rivolte popolari, tre carestie, tre terremoti, cinque eruzioni del Vesuvio e tre epidemie e, essendo il luogo isolato, fu qui che vennero raccolti i cadaveri delle vittime.
L’architetto Carlo Praus racconta che nel 1764, il Cimitero delle Fontanelle fu destinato dal Comitato di Pubblica Sanità a seppellire le salme della bassa popolazione, che non trovavano posto nelle pubbliche sepolture delle chiese all’interno della Città.
Nel 1837, per provvedimento del Consiglio Sanitario, in seguito all’invasione del “colera morbu“, furono portati in questo cimitero altre salme.
Il cimitero rimase abbandonato fino al 1872, quando il parroco della chiesa di Materdei, Don Gaetano Barbati, con l’aiuto di popolane collocarono le ossa nella disposizione attuale: con i teschi posizionati su cataste di femori ai lati delle tre grandi navate che costituiscono l’ipogeo tufaceo più famoso della città di Napoli.
Secondo antiche leggende popolari pare che all’interno del cimitero delle fontanelle siano conservati i resti di circa otto milioni di persone, il che non è improbabile tenuto conto che sotto il pavimento vi sono migliaia e migliaia di ossa. Il numero dei resti ordinati e riposizionati dal Barbati è di circa 40.000 cadaveri.
All’interno del cimitero sono presenti alcune statue: fra queste va ricordata la statua nota come “o’ monacone”, una riproduzione di San Vincenzo Ferrer decapitata, il cui capo in passato era stato sostituito con un teschio.
Camminando silenziosamente all’interno del cimitero, mito, leggenda e realtà storica sembrano fondersi assieme in un unico, emozionante, racconto.
Nonostante l’assoluto anonimato di tali ossa, chi entra per la prima volta nell’ipogeo non potrà fare a meno di notare che centinaia di teschi sono stati gelosamente messi da parte, custoditi in teche di ogni materiale, dal prezioso marmo al cartone, passando per vetro, ferro e persino scatole di biscotti: le donne del popolo adottavano uno o più teschi (la capuzzella) e a pregare per l’anonimo defunto (anima pezzentella in quanto abbandonata) garantendo loro il cosiddetto “refrisco“. Questo “refrigerio” sarebbe poi stato successivamente ricambiato con l’intercessione dell’anime in pena per la protezione del fedele nei momenti di bisogno.
I napoletani, in un clima di venerazione e culto anonimo e quasi pagano, iniziarono dunque ad esprimere la propria devozione diversa dalla santità al punto da indurre ad una presa di posizione ufficiale della Chiesa, che vietò quindi queste forme di culto delle anime del purgatorio, un po’ troppo simili a certi riti pagani di antichissima memoria.
Fino agli anni ’50 il culto era tramandato di generazione in generazione per poi affievolirsi e riprendersi negli ultimi quattro-cinque anni, con forme del tutto differenti.
Dato che infatti non è più possibile entrare nel cimitero, spostare un teschio e metterlo in disparte come in precedenza, oggi c’è chi semplicemente posa su un teschio una moneta, un santino, una coroncina o persino un biglietto dell’autobus o uno scontrino fiscale, quasi a prenotare idealmente teschio ed anima del Purgatorio…
Quanti ancora oggi si recano al cimitero delle fontanelle per devozione, hanno particolare cura dei resti di bambini, alcuni dei quali sono stati raccolti e riposti a parte in teche con all’interno anche giocattoli.